Giobbe, 3

La Bibbia

26 Non ho tranquillità, non ho pace, non ho posa, mi assale il tormento".




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Nel capitolo 3 di Giobbe, dopo aver maledetto il giorno in cui è nato, Giobbe inizia a rimpiangere la propria vita e a mettere in discussione il motivo per cui è stato risparmiato dalla nascita morta o a morire alla nascita. Parla di come sta soffrendo e augura la morte, perché il suo dolore è troppo grande per sopportare. Di seguito sono riportati cinque versi relativi agli argomenti trattati nel lavoro 3:

Geremia 20:18: "Perché ho lasciato la madre per vedere il lavoro e la tristezza, per consumare i miei giorni di vergogna?" Questo versetto parla dell'interrogazione del profeta Geremia sullo scopo della sua vita e della sofferenza che affronta.

Salmo 6:6: "Sono stanco di gemere così tanto; tutta la notte nuoto in lacrime verso il mio letto, inondando con loro il mio letto." Questo verso ritrae l'angoscia e la tristezza che il lavoro esprime nel suo lamento nel capitolo 3.

Salmo 88:3: "Perché la mia anima è piena di angoscia e la mia vita si avvicina a Seol." Questo verso esprime il sentimento di Giobbe che la morte sarebbe un sollievo per la sua sofferenza.

Salmo 22:1-2: "Dio, mio ​​Dio, perché mi hai abbandonato? Perché sei così lontano dall'aiutare me e le parole dei miei malati?, Ma non ho zitto." Questo verso riflette il lamento e la sensazione di lavoro di abbandono nella sua sofferenza.

Salmo 42:5: "Perché sei massacrato, o mia anima, e perché sei disturbato dentro di me? Aspetta in Dio, perché ti loderò ancora per la salvezza in tua presenza." Questo verso parla dell'importanza di mantenere la fede e la speranza in Dio, anche nel mezzo della sofferenza.





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