Giobbe, 3
4. Quel giorno sia tenebra, non lo ricerchi Dio dall'alto, né brilli mai su di esso la luce.
4. Quel giorno sia tenebra, non lo ricerchi Dio dall'alto, né brilli mai su di esso la luce.
Nel capitolo 3 di Giobbe, dopo aver maledetto il giorno in cui è nato, Giobbe inizia a rimpiangere la propria vita e a mettere in discussione il motivo per cui è stato risparmiato dalla nascita morta o a morire alla nascita. Parla di come sta soffrendo e augura la morte, perché il suo dolore è troppo grande per sopportare. Di seguito sono riportati cinque versi relativi agli argomenti trattati nel lavoro 3:
Geremia 20:18: "Perché ho lasciato la madre per vedere il lavoro e la tristezza, per consumare i miei giorni di vergogna?" Questo versetto parla dell'interrogazione del profeta Geremia sullo scopo della sua vita e della sofferenza che affronta.
Salmo 6:6: "Sono stanco di gemere così tanto; tutta la notte nuoto in lacrime verso il mio letto, inondando con loro il mio letto." Questo verso ritrae l'angoscia e la tristezza che il lavoro esprime nel suo lamento nel capitolo 3.
Salmo 88:3: "Perché la mia anima è piena di angoscia e la mia vita si avvicina a Seol." Questo verso esprime il sentimento di Giobbe che la morte sarebbe un sollievo per la sua sofferenza.
Salmo 22:1-2: "Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? Perché sei così lontano dall'aiutare me e le parole dei miei malati?, Ma non ho zitto." Questo verso riflette il lamento e la sensazione di lavoro di abbandono nella sua sofferenza.
Salmo 42:5: "Perché sei massacrato, o mia anima, e perché sei disturbato dentro di me? Aspetta in Dio, perché ti loderò ancora per la salvezza in tua presenza." Questo verso parla dell'importanza di mantenere la fede e la speranza in Dio, anche nel mezzo della sofferenza.
“Tente percorrer com toda a simplicidade o caminho de Nosso Senhor e não se aflija inutilmente.” São Padre Pio de Pietrelcina